Archivio | settembre 2015

Pensieri rapidi #12


Sto evidentemente invecchiando e peggiorando nel mio livello di sopportazione dei comportamenti altrui, ma credo ciò significhi che il mio senso critico stia aumentando e non debba e voglia sopportare passivamente certi comportamenti del prossimo. Lo dico perché sempre più spesso noto come al volante imperi la distrazione, dettata purtroppo dal voler fare più operazioni contemporaneamente, prevalentemente legate al telefono. Non è questo il solo fattore che mi infastidisce, perché molto spesso c’è una generica superficialità nello stare in automobile, con le mani “a casaccio”, meno che sul volante, oppure chiacchierando con il passeggero e procedendo a singhiozzo, o peggio rivolgendo spesso la testa verso il proprio interlocutore, distogliendo lo sguardo dalla strada. Sono consapevole di risultare trombone in questo mio argomentare, ma sono questi molti aspetti su cui non si dovrebbe transigere, poiché in automobile e con l’automobile non si scherza, anche se purtroppo può sembrare che la guida sia una cosa di poco conto. E’ probabile che “spostare” la vettura sia tutto sommato facile (l’ho fatto senza grossi patemi anche a 16 anni), ma è ben diverso sapersi muovere con perizia, sapendo intuire le eventuali mosse degli altri automobilisti, modo da prevenire sorprese.

Con la mia attuale vettura, mi sono trovato a percorre un tratto montano, con un certo numero di curve, anche se non particolarmente impegnativo. In men che non si dica, ho commutato la leva del cambio in posizione “sport e sequenziale” e ho settato alcuni parametri su “sport”. In due passaggi ho letteralmente cambiato il carattere della vettura, rendendola effettivamente più pronta e aggressiva, gratificando realmente il piacere di guidare: lo sterzo era più comunicativo, così come la risposta all’acceleratore era più pronta e le marce entravano con veemenza. Certo, se i cavalli e newtonmetri a disposizione fossero pochi, tutto questo sarebbe poco o per nulla gratificante, ma se sotto al cofano c’è un po’ di sostanza (senza esagerazioni, nevvero) grazie all’elettronica ci si può divertire cambiando personalità al proprio mezzo. Infatti, prima e dopo questa parentesi “brillante” sono tornato ad un morigerato Drive, accoppiato alla modalità Eco, consentendomi di consumare come su una vettura medio piccola. Non ho voluto sin qui vantarmi di nulla, ma sono felice di utilizzare molti ritrovati della tecnologia, che consentono di aumentare la sicurezza e la qualità di vita di noi guidatori, perché non va dimenticato, l’elettronica vigila sempre, mentre una piccola distrazione può capitare anche al più attento pilota. Mi troverò certamente in aperto dissenso con alcuni “duri e puri” del non-voglio-elettronica-e-voglio-tutto-manuale, che però inviterei a utilizzare senza pregiudizi le “auto del Duemila” per comprendere come oggi sia tutto veloce e tecnologico, anche nel traffico e nella circolazione, dunque desidererei sempre possedere una M3 E30 o una 320is, ma confesso che sarei un poco in agitazione in inverno e sul bagnato, soprattutto sapendo cosa offra la tecnologia oggi. Insomma, Rivera resta un calciatore fortissimo, ma nel calcio moderno, fisico e veloce, farebbe certamente più fatica a sopperire con la sua classe il tipo di gioco molto fisico e veloce dei nostri giorni.

In ultimo, una parentesi extra motoristica, che però riguarda uno dei miei personaggi preferiti, ovvero Alex Zanardi, che ieri, domenica 27 settembre ha avuto guasto tecnico, la rottura della catena della sua handbike nella maratona di Berlino e l’ha terminata spingendosi a mano. Per la cronaca, 9 km. Inutile aggiungere la grandezza del personaggio, che all’arrivo, pur se stremato ha affermato di essere in debito con Berlino (dove venne operato subito dopo il terribile incidente) e ha già dato l’appuntamento alla prossima edizione. Grandissimo Alex.

Nürburnein


Qualche mese fa si è discusso a proposito del Nürburgring, che per chi non lo sapesse, è uno dei luoghi sacri dell’automobilismo mondiale. Il tema era il divieto, rivolto in particolare alle Case automobilistiche, rispetto ai tentativi del “giro secco”. Prima di proseguire, occorre precisare che il circuito è in realtà un insieme di circuiti di cui il più famoso è il Nordschleife, che possono arrivare a snodarsi complessivamente per oltre 20 km, con condizioni di asfalto, pendenza e pericolosità, assai impegnative. Viene da sé che una vettura in grado di “girare” bene sull’Inferno Verde, risulti adatta ad un uso stradale intenso.

Per anni il circuito ospitò anche il Gran Premio di F1, precisamente sul percorso lungo e fu giudicato pericoloso anche in virtù dell’incidente che coinvolse Niki Lauda nel 1976. Guidare al Nürburgring è un desiderio che molti appassionati, me incluso, desiderano soddisfare, benché avrei qualche remora a girare con la mia vettura, pena metterla “a muro” o finirne i freni e le gomme, dopo un uso intensivo.

Come accennavo, i costruttori utilizzano sapientemente l’espressione “testata al Nürburgring” anche dal punto di vista commerciale, tanto che i conduttori di Top Gear, per un certo periodo si divertirono a commentare e a chiedersi se qualunque mezzo passasse per le loro mani fosse stato testato laggiù. Il riferimento è quindi sul miglior tempo, che per le hypercar è di poco inferiore ai 7’, ma che poi ha i vari record per ciascuna categoria. Attualmente, tra le auto di serie, se così si può definire serie, il record appartiene alla Porsche 918, che è andata anche sotto i 7’, ma che probabilmente rischia di essere la detentrice per sempre, se i gestori dell’impianto decideranno di non far proseguire gli “hot lap”.

La decisione dell’introduzione dei limiti di velocità in circuito non è stata però peregrina e senza fondamento, perché ha preso spunto dai molteplici incidenti, documentati con dovizia su Youtube, di cui l’ultimo episodio è purtroppo mortale, ovvero quello occorso ad uno spettatore durante una gara di VLN Endurance, causato dalla Nissan GT-R guidata dal pilota inglese Jann Mardenborough, che è letteralmente volato in aria, atterrando poi senza controllo contro le barriere, in uno scontro tanto rovinoso da causare la morte di chi si trovata dietro le protezioni. Per la cronaca, il pilota è uscito illeso.

Oltre a provare un sincero dispiacere per il povero spettatore, permane qualche perplessità sulla decisione di proibire anche i giri veloci. Non vorrei apparire eccessivamente libertario, ma se la motivazione fosse davvero quella, dovrebbero vietare i rally in ogni loro forma, perché in questo caso gli spettatori costituiscono in molti casi il “guardrail” del percorso ed i tristi fatti della scorsa estate ne confermano la pericolosità.

Attenendomi a questo ragionamento, trovo che per frenare i bollenti spiriti sia meglio un circuito che non la strada. In fondo non riscontro nulla di strano se una vettura, guidata da un pilota esperto, perché diversamente non potrebbe essere, cerchi di staccare il miglior tempo. Il problema è, semmai, lo stato del circuito e il fatto che su di esso stiano circolando contemporaneamente veicoli diversi, giacché, pagando, anche un camper può scendere in pista, al pari di una moto.

Sarebbe tutt’al più necessario regolamentare la circolazione e le sessioni di pista, senza contare che in seguito ad un incidente del genere ci si sarebbe aspettati piuttosto un divieto al pubblico, che non uno di “pestare forte”. Non voglio tessere l’elogio della velocità, ma trattandosi di un circuito e non di strade aperte, non mi parrebbe necessario nemmeno ricordare ciò che tutti gli appassionati di motori sanno, tanto che viene persino riportato sui biglietti di molte manifestazioni: “Motorsport is dangerous”.

Ciò deve risultare, secondo me, non come un monito, ma come una presa di coscienza del fatto che quel contesto contenga situazioni di pericolo, ovunque ci si trovi.

Pare che il divieto sia stato temporaneo e la conferma risiederebbe in quello che sto per citare, spianando nuovamente la strada anche ai costruttori che intenderanno sfidarsi sul migliore tempo. La nuova Alfa Romeo Giulia ha staccato un tempone, che mette alle sue spalle svariate supercar (ha senso non considerare essa stessa una supercar?) e che “riapre” la partita tra i costruttori. Quel che sembra certo, è che Case e uffici stampa non siano intenzionati a concepire un Nürburgring a velocità ridotta.

Per colpa di Pi


Nel recente Gran Premio di F1 del Belgio, sulla bellissima pista di Spa, probabilmente l’ultimo circuito romanticamente affascinante del Circus, la Ferrari di Vettel ha perso la terza posizione a pochissimi giri dalla fine, a causa di una foratura “improvvisa”. C’è da dire che più che una foratura si sia trattato di una distruzione del pneumatico “per sfinimento”, cosa che ha fatto infuriare non poco il tedesco della Ferrari, che sceso dalla vettura era talmente arrabbiato da saltare l’operazione della pesatura, per infilarsi nel motorhome a sbollire l’ira, forse più della paura. Subito la Ferrari ha fatto trapelare un j’accuse nei confronti della Pirelli, rea di non fornire, in soldoni coperture sufficientemente robuste.

Tra smentite e riconferme – nelle prove libere la Mercedes di Rosberg aveva avuto una pericolosa foratura – il dito è stato puntato verso il gommista italiano. Per parte sua, Pirelli ha replicato facendo notare, cosa peraltro assai evidente, che i giri percorsi (39) erano molti per il tipo di mescola, ergo la Ferrari stava tirando un po’ la corda. Senza voler difendere Pirelli, da tifoso e da appassionato, ho reputato lo scarico di responsabilità della Ferrari un po’ di cattivo gusto, o se preferite, più a tono con la nuova gestione Arrivabene, che a sua volta ricalca un gusto marchionniano di scaricare su altri le proprie lacune o comunque, quando si viene criticati, si sposta l’attenzione verso la colpa di altri fattori.

Giusto per concludere, se con Vettel si era dovuto rischiare, le qualifiche erano state pessime, non certamente ad esclusiva causa delle gomme, è evidente. Tralasciando la mia piccola polemica, oltre ad essere rimasto male per la perdita del terzo posto di Vettel, conquistato con una strategia rischiosa proprio per le gomme, sono rimasto perplesso di fronte al provvedimento che ne è conseguito. Praticamente è stato posto un limite di giri per tipologia di mescola (ma non dovrebbe essere un dato già conosciuto e testato in inverno da ciascuna scuderia?) con il risultato, per questa F1, di ulteriori regole, che si va ad aggiungere alle numerose altre, a mio avviso farraginose, già presenti. Tra ali mobili, mescole obbligatorie, consumo, aerodinamica, dispositivi di aiuto alla partenza e chi più ne ha, più ne metta, ritengo anche questa volta, che il Circus assomigli pericolosamente alla burocrazia che affligge il nostro Paese, dove vengono varate in continuazioni leggi e regole, con il risultato di appesantire la macchina, piuttosto che renderla più veloce.

A complemento di ciò, nel GP di Monza, ovvero quello seguente, il risultato finale è parso in bilico per circa un paio d’ore a seguito di un “giallo”, riguardante le pressioni delle ruote posteriori, leggermente inferiori al “consigliato da Pirelli” per le Mercedes e pare un po’ superiori per la Ferrari di Vettel. Oltre a sottolineare come questi valori vengano verificati dai commissari prima della partenza, è sembrata surreale la diatriba quasi tutta linguistico-diplomatica, tra il concetto di “consigliato” e sbagliato, ovvero da penalizzare. Mi è sembrata e come me, spero anche ad altri, l’ennesima conferma di una F1 strangolata da regole farraginose e poco.

Tornando al paragone tra Circus e Belpaese (il nostro) si dimentica così che il cittadino o lo spettatore, nel caso della F1, si divertano relativamente nel vedere dei trenini o dei sorpassi “a cannone”, propiziati dall’ala mobile, in una situazione in cui chi è sorpassato è praticamente “vittima” del sorpassatore. Insomma, come ho già sostenuto in passato, non è che tutti i GP siano noiosi, anche se la media ormai vira su questa tendenza, ma c’è bisogno a mio avviso di rimuovere l’ipocrisia della riduzione di costi da parte delle Case, per lasciare che investano dove credono e dove ravvedono ci possa essere una possibilità di sviluppo, anche per la produzione di serie, che rappresenta poi la vera “cassa”, il luogo da dove entra realmente il denaro. L’ho già sottolineato in altre occasioni: il vero motore delle F1 è l’aerodinamica. In sé non è un fatto grave, giacché le nostre vetture (di più super e hyper car) beneficiano in minima parte delle migliorie anche aerodinamiche, ma questa disciplina sta a mio avviso vincolando sempre più il rendimento delle vetture, rendendole tutte simili e in una situazione di equilibrio complessivo, anche quando sono in movimento, col risultato di non lasciare che i piloti guidino davvero.

Mi rendo conto che sostenere da una parte maggiori libertà e poi puntare il dito “contro” l’aerodinamica sembri in contraddizione, ma spero sia chiaro che il mio intendimento sarebbe quello di non confinare tutte le possibilità di spremere cavalli, tenuta e resa, con l’unica materia disponibile, mentre sarebbe magari più accattivante un regolamento simil-Le Mans Series. Difficile ipotizzare ciò nel breve, ma quel che più mi rattrista è vedere introdurre nuove regole, con pochi riscontri sullo spettacolo.

Pensieri rapidi #11


Riapro il blog con un pensiero per Jules Bianchi, che ci ha lasciati durante la mia pausa estiva. Il mio è un ricordo da appassionato di Formula 1, da uomo dispiaciuto che si debba lasciare questo mondo a 26 anni non ancora compiuti. Confesso senza ipocrisia di non essere mai stato un suo tifoso, perché i piloti relegati nei team minori non godono di grande attenzione, ma ricordo molto bene il suo ottimo piazzamento a Montecarlo, nell’ultimo gran premio da lui disputato nel 2014, con una macchina certamente inferiore a molte.

Sulle modalità e sulle corresponsabilità di questo incidente si è discusso lungamente e non aggiungerò nulla, se non che purtroppo sia stato l’esito di una serie di errori concatenati e che nella massima disciplina motoristica si suppone che dovrebbero accadere. In particolare, non così tanti e non tutti insieme. Ho seguito e cercato sulla stampa quante più notizie sul suo stato di salute, forse perché le coincidenze mi hanno reso più sensibile: stavo diventando papà ed ero forse emotivamente più disposto e poi perché Jules è un “leone di agosto” , come me (nato il giorno dopo) e ci ha lasciati il 17 luglio, giorno del mio onomastico.

Lo so, le coincidenze esistono perché andiamo a cercarle e di conseguenza non ci lasciano indifferenti. E’ certo che la sua vita si fosse fermata in quel pomeriggio del 5 ottobre 2014, anche se il suo corpo ha continuato a lottare fino a luglio. Pare che per lui fosse definito un percorso che lo avrebbe portato in Ferrari e purtroppo tutto questo rimarrà per sempre nel campo delle cose non realizzate. Resta l’amarezza di vedere la morte durante quello che è sport e divertimento, anche se non finirò mai di ribadire un concetto conosciuto agli appassionati: “motorsport is dangerous”. Un pilota lo sa, non ci pensa, perché cerca di fare tutto il possibile per essere preparato, ma purtroppo l’imponderabile esista. Ciao Jules, corri veloce, lassù.

Tornando ad argomenti più frivoli e poco scientifici, ho constatato durante le vacanze estive al mare, una tendenza a mio avviso significativa. Le auto straniere da me notate e, dopo un po’ cercate, soprattutto quelle premium, erano mediamente meno accessoriate delle nostre. Mi rendo conto che statisticamente non si possa dar valore a quanto stia affermando, ma mi offre lo spunto per constatare che noi italiani, e mi ci metto a pieno (ahimè) titolo, siamo particolarmente attratti dagli optional, in particolar modo sulle vetture sfiziose. Non so dare una spiegazione sociologica a tutto ciò, pur se all’italiano, rispetto a molti altri popoli europei interessi parecchio l’aspetto estetico ed esteriore, dunque l’auto rientra tra gli oggetti con cui ci piace essere “a posto”.

Del resto, ma questa non è una scoperta, ogni mercato nazionale ha preferenze specifiche, più quelle che io definisco indotte dal marketing e che spesso fanno presa anche su di me. Ormai, faccio un esempio, vedere una vettura di segmento D senza fari allo xeno in Italia è un fenomeno quanto mai strano, o così ci viene fatto credere, mentre di Bmw e Volkswagen con targa tedesca o olandese e “volgari” lampade alogene, non è stato raro incrociarne. Ho citato giusto uno degli elementi più macroscopici, ma lo stesso potrei dire per ruote e interni. E’ davvero il caso di dire “paese che vai, usanza che trovi”.