Archivio | giugno 2016

Live in Volvo


Da qualche tempo c’è un costruttore che mi affascina perché ha intrapreso un corso stilistico a mio avviso efficace. Si tratta della Volvo, che da quando è in mani cinesi – ormai 6 anni – è rappresentativa di una “svedesità” che non possedeva (più) nemmeno negli anni precedenti.

A dire il vero, l’entrata nell’orbita Ford aveva raddrizzato un poco la barra, ma si percepiva che lo smalto acquisito sino agli anni 80 del secolo scorso stava sbiadendo e i modelli non erano così appetibili, sia tecnicamente, sia dal punto di vista del design. Non va infatti dimenticato che la scuola scandinava del design, in tutti i campi, è sempre stata influente fin sugli oggetti che maneggiamo quotidianamente e la riprova è data dal fatto che in ogni casa ci sia almeno un oggetto del noto mobilificio nato ad Agunnaryd.

Piaccia o no, ancora negli anni ’80 e primi ’90, che spesso cito più che altro come punti fermi della mia passione automobilistica, le linee “a mattone”, delle berline e in particolare delle station wagon, erano soprattutto in Italia un vero must. Confesso che la citazione del mattone sia presa a prestito da un’altra vettura, più precisamente la 240, che nella versione coupé Turbo si guadagnò l’appellativo “mattone volante” a seguito della vittoria del Campionato Turismo Europeo e Tedesco (il DTM). Insomma non esattamente una filante Cisitalia, ma una spigolosa ed efficace vettura, che sbaragliò la concorrenza. Poi, non va dimenticato che per anni Volvo è stata simbolo di vetture estremamente sicure e ancor più, attente alla sicurezza, quando ancora in Europa se ne parlava poco o niente.

Tornando al presente e al fascino delle nuove Volvo, soprattutto come trattamento delle forme, apprezzo molto il design deciso e personale della XC 90 e delle due “sorelle” S e V 90, tutte vetture dalle dimensioni imponenti, sulle quali non si è rinunciato ad osare con qualche elemento fuori dal coro e con proporzioni che non nascondono le dimensioni generose. Certo, sulle S e V 90 si può obiettare che ci sia “dell’Audismo”, almeno come sviluppo di alcune linee, ma non si corre il rischio di scambiare una Volvo con altre vetture, soprattutto al buio. Sembra un paradosso, ma sulla scia dei tedeschi, anche la Volvo ha cercato di caratterizzare il design dei fari anteriori e posteriori con azzeccate forme e con le luci diurne, per le quali è stato (intelligentemente) coniato il nome di “Martello di Thor”. Con questi accorgimenti, l’identità di una Volvo è ancora più marcata.

A proposito di identità, è sicuramente efficace e coraggioso utilizzare per alcune campagne un testimonial conosciuto come Zlatan Ibrahimovic, uno degli svedesi più conosciuti al momento, ma non certo uno che quando apre bocca rilascia dichiarazioni mielose, quindi una figura definita, ma anche “odiata” magari da una fetta di pubblico. È però significativo sottolineare che Ibra sia uno svedese rappresentativo del proprio paese, ma “non svedese” come origini e parallelamente Volvo abbia capitali cinesi nelle sue vene. Fortunatamente e intelligentemente il management Geely ha compreso il potenziale del marchio e non ne ha variato un capello del proprio DNA. Scusate se penso per un solo istante alla vendita del marchio Lancia. Chiusa parentesi.

Tornando ai prodotti, devo ammettere che già nella gamma attuale, che è tutta antecedente a quello che possiamo definire il “nuovo corso” , ci siano già elementi di distinzione e caratterizzazione della nuova impronta di stile e immagino che con la ridefinizione dei modelli ci sarà sempre più personalità. Mentre scrivo penso immediatamente alle difficoltà che si possono incontrare per non far somigliare il proprio prodotto ad un altro, ma per fortuna Volvo e anche altri costruttori europei hanno avviato un processo di riconoscibilità.