(rin)Forza Italia
Avrete notato come sin qui non abbia praticamente mai affrontato l’argomento Italia, se non in maniera marginale. Non è stata una scelta casuale, bensì una precisa volontà, sebbene di spunti ce ne sarebbero parecchi. La mia posizione è paragonabile a quella dell’innamorato deluso, o se preferite di chi ha avuto una stupenda storia d’amore, poi finita (male), infine riaccasatosi felicemente. Le ferite (in senso puramente metaforico) restano, mentre nel corso degli anni matura un senso critico sull’accaduto.
Ciò che mi va meno a genio della Fiat è indubbiamente la politica che sta adottando nei confronti dell’Italia e dei lavoratori italiani. Ritengo poco rispettosa la modalità con quale si rivolge a loro e come amministra le vicende contrattuali. Siamo in un mondo globalizzato, con un’azienda globale: se sono vere le due affermazioni, ci si dovrebbe domandare come mai in altre nazioni la Fiat sia più “mansueta” e ragionevole. Detto ciò, anche la controparte sindacale dovrebbe provare a studiare meglio come si comportano i colleghi all’estero e “aggredire” la Fiat su questo piano, invece di continuare a sbandierare certe ideologie, care più alla politica che ai lavoratori. Va da sé che molto più spesso io sia d’accordo con i quanto sostengano i lavoratori, piuttosto che la Fiat: questa è la mia opinione e sono curioso di confrontarmi con le vostre.
Esploriamo invece il campo entro il quale mi sento più a mio agio: i modelli. Da dove partiamo? Fiat? Osservando la sua gamma si notano diversi corsi stilistici, ergo diversi capi del design, leggasi un management ballerino con una leadership poco chiara. Punto e Bravo , seppur con due “padri diversi” (Giugiaro e Frank Stephenson) hanno inaugurato il “Maserati style” del frontale, che prontamente è svanito nel nulla con loro, visto che la Panda possiede una propria identità, che era ancora diversa da quella della super posticipataepiùvolteridisegnata Croma, che poi è diventata una “Bravo Wagon”. La Sedici era stata concepita in maniera più impersonale e ci può stare, visto che è anche una Suzuki, ma l’Idea invece è uscita di produzione senza nemmeno un ritocco, neppure prelevando idee dal modello venduto in Brasile. Perchè? (cercatela sul web e domandatevi se non avrebbe avuto senso aggiornarla e far vendere magari una Meriva o una C3Picasso in meno). Ho tralasciato la 500, indubbiamente riuscita e ora trend setter dello stile del marchio. Ha senso cinquecentizzare l’intera gamma, piuttosto che studiare uno stile più complessivo e non legato a un singolo modello? Chiedetelo al responsabile del design, (non me ne voglia), un’ingegnere ex Pininfarina (ma non un designer) pensionato e poi richiamato da Fiat. E’ sufficiente ricolgere lo sguardo al team capitanato da De’ Silva alla VAG, o alla squadra Ford, o il design group di PSA e troverete molte risposte alle mie domande.
Lancia: esiste ancora? Parrebbe di sì e se da un lato è apprezzabile il tentativo nel breve termine di aver risollevato le sorti con quel che si ha in casa, leggasi Chrysler, il rovescio della medaglia è quello a parer mio di offrire una gamma a dir poco disomogenea e con una elevata percezione di modelli “non-Lancia” all’interno. Dunque onore al merito di aver tentato di rimpolpare i modelli, ma dal mio punto di vista il management paga errori di anni, che ahimè sono ben visibili. Così come per Fiat, fa sorridere che le grandi ambizioni del marchio saranno molto probabilmente sostenute dalla Ypsilon, una piccola come la 500 e la Panda, a conferma dell’unica vocazione del Gruppo. I pochi tentativi di rianimare il malato (curato da medici inesperti) tra poco cesseranno, così come la presenza di Lancia sul mercato, fatta salva la Ypsilon, che però è già una Chrysler in quasi tutta Europa.
Alfa Romeo. Se Lancia agonizza, la “mamma della Ferrari” non se la passa benissimo. Il “cuore sportivo” rianimato con 147, 156, 166 è stato nuovamente pugnalato con la gamma 159 e con l’uscita di scena della 166. Non che la 159 fosse poco affascinante, anzi, possiede tutt’oggi una linea aggressiva e piacevole, ma la sua mole e conseguentemente le sue prestazioni non sono mai state da capogiro. Analogo discorso per Brera e Spider, non all’altezza di Audi, Bmw e Mercedes, sia come prestazioni, sia come tenuta sul mercato. MiTo ha avuto il suo exploit inziale e ora tracheggia un poco. Necessiterebbe di un restyling, con qualche aggiornamento estetico e di contenuti. Giulietta è ancora un buon successo, anche se va riconosciuto che in casa abbia poca concorrenza. Mi spiego: con Bravo lasciata al suo destino e Delta che ha un target differente, chi vuole acquistare una segmento C italiana si orienta ovviamente su Giulietta. In più c’è la fetta dei 147sti convinti, che hanno rimpiazzato la loro beniamina con la Giulietta. Morale: se fosse uscita un anno prima, avrebbe ottenuto ancora di più. Non che questo sia una colpa, anzi, il successo in Italia della Giulietta mantiene vivo l’interesse per un marchio importante come Alfa. Peccato non ci sia una variante a 3 porte come hanno Serie 1,A3 e come probabilmente avrà la Mercedes Classe A.
Alcune mie perplessità: perché non esiste più una wagon italiana? Perché “arrendersi” e lasciare il mercato a Ford, Opel, Kia&Hyundai laddove esisteva una lunga tradizione? Perché non proporre una low cost in stile Dacia, potendo disporre di Palio prodotte in Brasile? Perché non si è prodotto da subito un crossover stile Qasquai, sui 4,30 m, invece della Sedici, che viene venduta quasi allo stesso prezzo, ma è decisamente più piccola e meno versatile? Perché la 159 è stata abbandonata al suo destino e non si è cercata una nuova piattaforma per produrre una nuova berlina? Qualcuno ricorda la Thesis? Ecco, forse è il caso di dimenticarla o di tenerla ben presente per non ripetere certi errori.
Perché la Grande Punto non ha ancora una sostituta, mentre sul mercato giungono concorrenti sempre più fresche e tecnologicamente evolute? Molte delle risposte a queste mie scontate domande vengono di tanto in tanto fornite da Marchionne che sostiene la mancanza di fondi e la necessità di aspettare tempi migliori per introdurre i nuovi modelli. C’è in tutto ciò una contraddizione di fondo: come si fa a guadagnare se non si vendono automobili e se la clientela rimpiazza sempre più di frequente le proprie Fiat con marche straniere e concorrenti? Non vorrei trovare risposta a ciò con la semplicistica affermazione “basterebbe fare belle automobile”, ma confesso che talvolta questo pensiero mi solletichi un po’.
Insomma, io credo che regni ancora molta confusione e si continui a pensare più alle strategie finanziarie che al prodotto. Una cosa non esclude l’altra, ma chi compra automobili è più interessato al prodotto e alle sue caratteristiche, piuttosto che alle acquisizioni o alle manovre in borsa. Quando si è trattato di ordinare le mie ultime automobili ho scelto di abbandonare il Gruppo per due motivi: sono trattato molto male come cliente e in secondo luogo non c’era alcun modello che mi soddisfacesse nella gamma.
Rimboccatevi le maniche: la rivoluzione deve iniziare dai vertici e non dal basso.