Archivio tag | porsche 959

Il box dei sogni


Tra le tante “fantasie” che sin qui vi ho descritto, credo di non aver ancora toccato quella inerente il “garage dei sogni”. Specifico: non è il garage dei sogni riferito al presente, bensì quella che potrebbe essere la mia collezione privata, composta da vecchie glorie e infatuazioni giovanili.

Non sono un grande appassionato di auto d’epoca, che pure ammiro quando mi capita di incrociare e in generale prediligo le automobili dagli anni ’70 in poi, quindi la mia la classifica va a pescare principalmente da quel periodo. In più, tra le regole “mentali” che mi do, c’è anche quella di desiderare vetture “umane” e non irraggiungibili. Per intenderci, mi piacciono sia la Ferrari GTO del 1962, al pari della Porsche 959 del 1986, ma le ho escluse dalla wish list, perché sono “troppo” anche per essere desiderate. A meno di follie al Superenalotto.

Tornando quindi ad una dimensione di sogni maggiormente “sognabili”, aprirei la mia non-classifica con la Delta Integrale, in particolare con le versioni 16v e/o Evoluzione, che hanno rappresentato per me il sogno dell’adolescenza. Il Deltone è ancora molto amato ed è considerato una delle migliori auto da rally anche in versione stradale e per molti anni dopo la sua uscita di produzione è stata utilizzata in gara. La mia Delta ideale potrebbe essere rossa o bianca.

Proseguendo, affiancherei al Deltone una Bmw M3 della serie E30, prodotta verso la fine degli anni ’80. Si tratta della capostipite delle M3 e in generale della famiglia M come la intendiamo noi, visto che la M5 era in fase embrionale ed esisteva una versione M della 5, che però non ostentava i caratteri tipici del Motorsport. La M3 e in generale la serie E30 mi piacciono per la loro spigolosità e per l’aggressività trasmessa dai 4 fari, non ancora carenati come nella serie seguente, più tondeggiante in ossequio ai canoni stilistici degli anni ’90. In alternativa metterei nel box una 320 is della medesima serie, ribattezzata la M3 italiana, che perdeva 300 cm3 e pochi cavalli rispetto al 6 cilindri 2300, ma che vantava piglio e assetto aggressivi…e pur sempre 192cv,  che per un 2000 aspirato, rappresentano un bel valore anche oggi.

I rally hanno catturato per anni la mia attenzione e lo si può evincere dal fatto che mi affascini ancora oggi l’Audi Quattro o Urquattro come amano chiamarla i tedeschi. Anche qui siamo di fronte a spigoli e parafanghi allargati, “appoggiati” su linee da coupé filante per la propria epoca, con motori turbo a 5 cilindri e trazione integrale. Era un “bel ferro” e diede filo da torcere per anni nei rally agli altri costruttori.

Mi allontano un momento dai rally e volo con la fantasia verso la pista, che vide sfrecciare le versioni dedicate della Lancia Beta Montecarlo, una granturismo di piccola taglia, disegnata da Pininfarina negli anni ’70 e che in origine sarebbe dovuta essere una Fiat. Al di là di ciò, mi è sempre piaciuta la sua linea schiacciata verso il terreno e caratterizzata dalle due “pinne” posteriori. Non ne sono state prodotte moltissime e non si tratta di una vettura ad alte prestazioni, anzi, il suo motore 2000 era persino sottodimensionato per le caratteristiche, tanto che ne derivarono potentissime versioni da Endurance e persino la Lancia 037, ne è una sua lontana parente.

Rimanendo in classe 2000 e motori Fiat, non disdegnerei una “popolare” Ritmo Abarth 130 TC, in particolare delle ultime versioni a ridosso della fine degli anni ’80. Prima della modernissima Tipo, era stata l’anti Golf GTI italiana e non nascondeva una certa rudezza e sportività. Se al giorno d’oggi i 130 cv dal un motore 2000 cm3 fanno quasi tenerezza, bisogna ricollocare il tutto al periodo storico e alla massa sotto i 1000 kg, il che vuol dire grande agilità.

Tornando alle vetture rallystiche, uno dei miei capisaldi è, non considerando l’inarrivabile Stratos, la Fulvia HF del 1972. Linee tese, dimensioni contenute, motore e aggressività: il perfetto mix, meglio se con la stupenda livrea rossa con cofano e bagagliaio neri.

La lista si potrebbe allungare a dismisura includendo la Porsche 911, nella sua prima serie o in quella 993 del 1993, che rappresenta la conclusione del percorso stilistico della prima serie, poi potremmo includere l’Audi RS2 Avant, ovvero una 80 Avant, “calzata” su di una Porsche (ne montava persino i cerchi, le frecce anteriori e i freni), oppure potremmo proseguire con la Ford Capri MkIII, con la Fiat 124 Spider o l’Alfa Romeo Duetto, un Range Rover e così via.

Non esistono freni alla fantasia, mentre ne esistono legati al portafoglio, in più l’attuale legislazione italiana prevede una regola a mio parere discutibile, ovvero l’attribuzione di 20 euro per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 185 Kw, che sono sì 250 cv, quindi una cifra considerevole, che però non tiene conto di alcuni fattori. In primis e non vorrei far apparire il mio ragionamento come “salva-ricchi”, la disposizione ha prodotto come effetto un calo di immatricolazioni, ovvero IVA e ha fatto sì che molte case ritoccassero la potenza di alcuni modelli, considerati da chi ha introdotto il provvedimento come modelli da tenere d’occhio, con il risultato che adesso queste vetture sono “nascoste” al fisco. Inoltre e qui si va a toccare il tasto dolente per gli “appassionati”, il provvedimento del superbollo non sparisce con il passare degli anni, in cui l’auto perde inesorabilmente valore e va ad affossare il mercato dell’usato e quello di chi compra auto non così anziane da essere d’epoca, ma ancora “sovra tassate”. Risultato? Non si può comprare una vettura che in due anni paghi più bollo che valore. Credo che su questo, tra i tanti problemi futuri, ci sarà da riflettere.

Nel frattempo torno a pensare come comporre il mio dream team da garage.