Lotta di classe


Lo spunto per questo post nasce da un ragionamento non mio, bensì di Siegfried Stohr, ex pilota e da anni istruttore di guida, forse tra i pionieri in Italia della cultura del “pilotaggio”, inteso come consapevolezza di se stessi al volante di un veicolo e non necessariamente come espressione pura di velocità. Nel suo blog, pubblicato sulla rivista “Auto”, Stohr si interrogava su come si considerasse sulla strada, ovvero se pedone o automobilista. Da buon divulgatore e laureato in psicologia, Stohr arrivava a concludere che egli fosse decisamente automobilista, poiché nell’atto di attraversare una strada accelerasse il passo, al fine di favorire gli automobilisti, mentre al contrario un pedone “puro” non avrebbe alterato la propria andatura per favorire alcuna automobile.

Tralasciando, ma fino ad un certo punto, il fatto che mi sia istintivamente identificato nel profilo dell’automobilista, ho apprezzato il ragionamento di Stohr perché sottende un mio ragionamento altrettanto semplice. Sulla strada non esistono categorie “chiuse”, bensì tutti dovrebbero avere consapevolezza di quello che accade, semplicemente immaginando e prevenendo le conseguenze di una propria azione. Non sono uno psicologo e forse sbaglierò a fornire esempi, ma ciascuno di noi sa che non si scherza con i coltelli, perché sono taglienti e che uno l’abbia verificato sulla propria pelle o che lo immagini osservando le forme di un coltello e pervenendo alla stessa conclusione, nessuno, dicevo transiterebbe sotto un coltello che cade. Per lo stesso motivo, che lo si sia sperimentato (spero di no) oppure lo si deduca, non si può trascurare che un veicolo che sopraggiunge non sia pericoloso e mortale e che dunque possa ucciderci. Questo per cercare di spiegare che talvolta la repentina decisione di attraversare una strada, di svoltare in bicicletta o di spostarsi improvvisamente sulla carreggiata, dovrebbe essere in primis evitata e secondariamente ragionata, per il fatto che non “abusare” della possibilità di essere visti, anzi ciò può far sopravvalutare il contrario. Non sto sostenendo che l’automobilista abbia sempre ragione grazie alla mole del suo veicolo, che può essere “sovrastato” a sua volta dal guidatore di un camion e così via, tuttavia attraversando sulle strisce occorre(rebbe) considerare se sia più vantaggioso far frenare bruscamente il veicolo che magari è troppo vicino, piuttosto che passare. Non va trascurato, anzi ribadisco che il CdS impone che l’automobilista sia già preallertato al sopraggiungere delle strisce, ma tra la teoria e la pratica quotidiana, che “smussa” e adatta le regole, trasformandole in “gentlemen agreements”, necessita che ci si cauteli e si conviva con le regole della “giungla”. Sarà anche una sconfitta delle Regole, ma la realtà è questa e conviene che ognuno operi con la massima responsabilità.

Per non uscire di tema, Stohr, nel suo esempio considerava le strisce pedonali e la relativa fermata degli automobilisti, quindi sottintendeva un esempio di civiltà e non un caso limite come ho fatto sinora. Mi piace però immaginare che, come ho già più volte sostenuto, più che il CdS si tratterebbe di conoscere le regole di convivenza quotidiana, cosa che per gran parte di noi significa vivere sulla strada, ma pensare al codice non come limitato alla circolazione, ma esteso ai comportamenti e alle conseguenze.

Sarebbe infatti utile, ad esempio, che l’automobilista ragionasse da ciclista, per non stringerlo a destra o sorpassarlo pericolosamente radente, oppure che il ciclista fosse consapevole del fatto che le automobili hanno una diversa percezione di chi viaggia su due ruote. Potrei proseguire nel parallelismo pedoni-ciclisti e viceversa, ma probabilmente giungerei alla conclusione che certe buone maniere non abitino nei codici, ma nel bagaglio di ciascuno di noi e basterebbe un piccolo sforzo cognitivi ed educativo di tutti, per apportare grandi benefici a tutti.

Mi sovviene una citazione di Arrigo Sacchi, ottimo allenatore di calcio e tattico, praticamente senza un passato da calciatore, cosa che talvolta qualche critico a lui avverso gli rinfacciava. Orbene, Sacchi per mettere a tacere le critiche replicava che “per essere un buon fantino, non è necessario essere stato un buon cavallo”. La citazione, che mi ha sempre suscitato ilarità sebbene contenga una certa dose di saggezza, andrebbe invece ribaltata o ampliata per sostenere quanto io ritengo più importante. Se è vero che per essere un buon ciclista non si dovrebbe essere un buon automobilista, mi piace pensare che invece sia indispensabile conosce le “mosse dell’avversario” per saperle fronteggiare, che sulla strada si traduce non in una sfida, ma in una pacifica convivenza tra individui.

Volete sapere come Stohr cataloghi quelli che da pedoni fanno i prepotenti con le automobili e in auto fanno lo stesso con i pedoni? Inizia con la “S” e non promette nulla di buono… Parola di pilota, di psicologo e di blogger.

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Informazioni su aedser

Chi sono? Nasco a Torino il 2 agosto 1976, il giorno dopo l'incidente di Lauda al Nürburgring e lo stesso anno in cui Lucio Dalla pubblica l'album "Automobili". Impiego circa un anno per appassionarmi anche io di automobili. Conservo gelosamente, come Zio Paperone, la mia "numero uno": una Maserati di latta a cui ovviamente sono molto affezionato. Ho praticamente imparato a leggere sui depliant di automobili e non ho quasi mai smesso di collezionarne, con grande gioia di chi mi sta attorno. La mia passione non si è mai arrestata, anzi si è evoluta: pian piano hanno iniziato a interessarmi la tecnica e il design. Mi cibo di riviste, mi piacciono praticamente tutti i "generi" di automobile. Mi piace guidare e parlare di automobili. Mi diverto con i test drive. La mia vita è fatta anche di altro: sono laureato in Architettura, corro e scio con grande soddisfazione, ho una compagna, un figlio e nella mia vita non possono mancare i pastori tedeschi. Se non si fosse capito, difficilmente potrei vivere senza automobili.

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